“Private” opera prima del figlio di Maurizio Costanzo è un film claustrofobico, disturbante e soprattutto apolitico. Pardo d’oro a Locarno, nel 2004 oltre ad un altro paio di manine in “awards” raccolti qua e là per i vari festival cinematografici, viene proposto da Mubi mio “dirty pleasure” nella giungla dello streaming.
Qui non si parla di Arafat o Rabin, accordi di Oslo o seconda intifada, qui c’è una famiglia palestinese “resistente” che continua a rifiutare di trasferirsi malgrado il piano superiore della loro casa sia occupata da un drappello di soldati.
C’è tanto bel cinema in poco spazio (e se si vince un festival come quello di Locarno chi da il premio è uno che capisce di cinema), qui ci sono vite che scorrono dentro mura che sono la metafora stessa del conflitto, un padre e un marito che difende la sua casa e la sua famiglia. Qui c’è soldataglia prepotente a cui il regista fa parlare un altra lingua (la traduzione italiana è un diritto solo per il Prof. Mohamed sua moglie e i suo figli).
Quando la pellicola finisce si risveglia in me un sentimento che credevo sopito da anni.
Quand’è stata l’ultima volta che ho augurato del male ad un israeliano ?